In questo articolo cercheremo di rispondere in modo preciso ai principali dubbi sul bambù.
Il primo tra tutti i dubbi sul bambù è sicuramente questo: E se nessuno poi ritirerà il mio bambù?
Prima di investire le nostre risorse in un nuovo progetto tutti ci poniamo le stesse domande. Informatevi sul web, su LinkedIn, sui siti esteri e noterete come attorno a questa pianta è in corso un movimento di sviluppo a livello mondiale e che gli scenari di mercato dell’alimentazione vegetariana e dei materiali ecosostenibili hanno prospettive di grande crescita per i prossimi decenni.
Il bambù ha migliaia di possibili utilizzi diversi, quindi vado a splittare il rischio di impresa operando contemporaneamente su più settori.
il Consorzio Bambù Italia, che garantisce il ritiro della produzione, di anno in anno darà indicazioni sul fatto di concentrarsi di più sui germogli piuttosto che sulle canne, a seconda della risposta dei mercati potremo orientare la produzione in un senso o nell’altro.
Un altro tra i principali dubbi sul bambù è: E se il Consorzio dovesse fallire?
Il Consorzio sta perfezionando le filiere per i 1500 possibili utilizzi della pianta, ma ci sono già diversi altri operatori che si stanno affacciando sulla filiera del bambù. Se produco legno pregiato e alimentazione italiana di alta qualità su un mercato tutto in crescita, qualcuno che la vorrà acquisire ci sarà di certo. O no?
E se il Consorzio dovesse fallire?
Immaginiamo di aver sbagliato tutto e scoprire un giorno che nessuno vuole il bambù: ci troveremo ogni anno per ogni ettaro 40/50 tonnellate di legno e germogli da tagliare e vendere a peso per fare cippato o biomassa.
Certo che
pensare di fare biomassa con un germoglio di bambù italiano certificato sarebbe un delitto, dato che attualmente quello cinese viene venduto a 10 euro al kg.